Un vademecum ai grandi perché

 

Cosa c’è al di là del cielo stellato?

Anche a te sarà capitato almeno una volta nella vita di fermarti a guardare il cielo stellato e di chiederti: “cosa c’è al di là di esso? Esiste Dio? Da dove vengo io? E dove sono diretto?”. La più grande necessità di tutti gli uomini è quella di indagare e di trovare un senso alla sua esistenza. Proprio da questa osservazione e dal bisogno di rispondere alle domande che ne nascevano, è sorto un itinerario, un percorso che avrebbe potuto guidare credenti e non; chiunque si trovasse nella necessità di rispondere ai grandi perché. Una sorta di vademecum sui grandi interrogativi della vita, un libro dal titolo “Testa o Croce?” che vuol essere un connubio tra fede e ragione, tra la scienza da una parte e l’esistenza di Dio dall’altra. Un testo per tutti, perché tutti siamo in ricerca. Forse anche a te sarà capitato di chiederti se tutto ciò che esiste non sia frutto del caso.

È legittimo interrogarsi e mettere in discussione le proprie certezze: se si risponde esse ne escono rafforzate e anche il dubbio può diventare un punto di partenza, un luogo di conversione. Ogni uomo de-sidera (dal latino “sidus” = stella) il cielo, anela all’infinito, pur avendo i piedi ben piantati per terra. Chi di noi, infatti, può dire di essere “sazio”? Di non desiderare una vita che non muore? L’essere umano, sin da piccolo, desidera raggiungere sempre di più rispetto a quello che ha già conquistato. Tutto ciò che lo circonda, non può che saziarlo per un tempo circoscritto. Solo Dio può riempirlo di eternità: il nostro cuore non trova pace finché non riposa in Lui. “Testa o Croce” indaga sulle prove relative al fatto che tutto ciò che ci circonda, e tutte le scoperte e le aspirazioni dell’uomo altro non sono che la Sua impronta, il punto di partenza per incontrarLo.

E se Gesù fosse la risposta a tutti i tuoi perché?

A me è accaduto proprio questo. Ho scritto il libro “Testa o Croce?” da convertita, da credente, da innamorata di Gesù, da convinta cattolica. Ma non posso dire di esserlo sempre stata. Da piccola frequentavo la chiesa anche da sola, in ogni caso mai spinta da qualcuno. Sentivo che Dio era lì e, soprattutto che era lì anche per me.  Poi è arrivata immancabile la fase di “ribellione”, quella in cui ci si pone tutti i “perché” possibili e immaginabili; quella in cui la chiesa diventa il bersaglio preferito e la fede cattolica un avversario da battere. La mia fede in Dio, quella no, non è mai vacillata. Eppure di lì a poco avrei capito che si trattava di una fase necessaria, che Gesù non mi stava mollando e, soprattutto, alla fine della quale, avrei scoperto che era Lui la risposta, l’unica e totalizzante risposta, a tutti i miei “perché”. É stato nella sua persona che si sono risolti tutti i miei interrogativi. E la chiesa ne è stata il veicolo privilegiato: il luogo del mio incontro con Dio.

Eh sì, perché di questo si tratta, di un incontro con una persona viva. Si tratta di un’esperienza che, proprio in quanto tale, non può essere messa in dubbio da alcuno, e la prova che essa è avvenuta è il raccontarlo ad un altro: diversamente non se ne avrebbero né la forza, né la motivazione. Non se ne può fare una questione di timidezza: si tratta di un matrimonio, e se ti sposi lo dici. Per questo “Testa o Croce” diventa il luogo dell’incontro (oltre che con le grandi questioni del senso della vita, dell’origine dell’universo e del Big bang) anche e soprattutto con quel Gesù storico che si scopre essere il Figlio di Dio, che fa irruzione nella storia e, di fronte al quale, è necessario prendere una posizione.

Esiste Dio senza la Chiesa?

Chissà quante volte avrai sentito pronunciare questa frase: “Io credo in Dio ma non nella Chiesa”, oppure: “Il vangelo e Gesù sono una cosa, le Strutture Ecclesiali un’altra”. E pensare che anch’io stavo arrivando ad assumere questa posizione: c’è mancato davvero poco prima di capire che sarei caduta nella più grande delle contraddizioni. É servito che Gesù mi riacchiappasse dai capelli e mi facesse scoprire, nella sua immensa grazia, che la Chiesa è madre e che non c’è niente di più bello e completo di ciò che è universale (cattolico = universale), e che rimanere è sempre il modo migliore di amare. Questo è proprio il metodo che Dio attua con noi: ci rimane fedele anche quando noi non gli siamo fedeli. Ci ama anche mentre lo rinneghiamo, persino mentre lo uccidiamo. E lo fa perché desidera che noi siamo felici, e sa che siamo felici solo con Lui. Niente di più vero.

Non è possibile separare Gesù dalla Chiesa perché è stato lo stesso Gesù a mescolare le due cose. È stato Lui a idearla e a fondarla: si tratta della sua strategia per raggiungere te che vivi lontano nel tempo e nello spazio da Lui che è vissuto qui duemila anni fa. Ha scelto di raggiungerti attraverso altri uomini che hanno dato il loro “Sì”. La chiesa, infatti, sono delle persone che scelgono di seguire Gesù. Non credere in essa mentre si crede nel suo fondatore non ha senso. Non ha senso infatti aderire a qualcuno ma non alle sue idee, a quello che egli dice. Sarebbe qualcosa come “non credere a se stessi” perché se credi in Gesù (dall’ebraico credere =“aderire”) sei già la sua Chiesa. “Testa o Croce” indaga sulle prove che identificano Gesù non come un semplice uomo, un profeta, un portatore di valori universali, ma come il Figlio di Dio e il fondatore di una chiesa universale.

Se esiste Dio perché c’è il male?

C’è una cosa che mi ha sempre colpito: affermare che Dio non esiste perché c’è il male, significa dire che Egli è buono. Sì, a pensarci bene, chi nega Dio a causa della sofferenza che esiste nel mondo non sta facendo altro che giustificarlo. Si taglia corto e si dice che Dio non c’è, perché sarebbe inammissibile che permetta il male. Così facendo, però, si finisce per stare dalla sua parte, per discolparlo, se pur negandolo.

Un’altra cosa che non può lasciarci indifferenti è che, riconoscere l’esistenza del male significa in qualche modo screditare il fatto che tutto si è creato per caso. Mi spiego. Chi crede che tutto ha avuto origine casualmente (e dal nulla) non è legittimato a considerare ingiusta la sofferenza perché sarebbe pretendere troppo dal fantomatico “caso creatore”. Dovrebbe piuttosto non porsi il problema di ciò che è giusto e ciò che è sbagliato, limitandosi a considerare tutto una casualità. Se, invece, tutti riconosciamo il male come tale, è perché percepiamo che si tratta di un errore rispetto a un progetto iniziale che doveva andare diversamente, e che non riusciamo ad accettare come un semplice caso. Se tutti aneliamo al bene è perché postuliamo l’esistenza di un Bene che non manca di nulla, cioè l’esistenza di Dio.

“Testa o Croce” si pone l’obiettivo di mettere in evidenza come dietro ogni errore, ogni sofferenza ci sia la scelta libera dell’uomo che decide arbitrariamente di rifiutare Dio, il suo Creatore, che altro non ha fatto che amarci a tal punto da non legarci a Sé, e lasciarci liberi di sceglierlo o meno.

Esiste la vita eterna?

Noi viviamo immersi nello spazio-tempo ma aneliamo all’infinito, alla vita che non muore. Il sol fatto che tutti manifestiamo il desiderio di eternità è già prova della sua reale presenza. Che senso avrebbe, infatti, un desiderio che non possa essere soddisfatto in assoluto? Che non possa trovare un compimento? Uno che ha una grande sete non desidera null’altro che un bicchier d’acqua. E che senso avrebbe avere sete se l’acqua non esistesse?

Allo stesso modo, anelare all’eternità senza che questa fosse una reale possibilità, sarebbe contraddittorio. Spazio e tempo sono due variabili indissolubilmente legate l’una all’altra, e se è vero che al di là del cielo stellato c’è qualcosa, e non il nulla, se è vero che ciò che ci circonda è potenzialmente infinito, allora ci deve essere anche la possibilità dell’eterno. “Testa o Croce” cerca di raccontare l’eternità, a partire da  come ce l’ha descritta Gesù,  individuandola come un’opportunità. Quella che l’uomo ha per abbracciare e raggiungere il Padre. Quella che l’uomo sceglie per essere accolto in una dimensione di vita molto più concreta di quello che lui possa riuscire ad immaginare. Quella attraverso la quale Dio vuole ricongiungerlo a Sè per donargli “quelle cose che occhio non vide, né orecchio udì, né mai entrarono in cuore di un uomo” e che Lui sta preparando per coloro che lo amano. (1Cor 2,9)

Estratto del libro

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